OBSOLESCENZA PROGRAMMATA
QUANDO IL BENE INVECCHIA SU DECISIONE DI CHI LO PRODUCE
Obsolescenza, dal latino obsolescere (andare in desuetudine) è termine ben noto a chi si occupa di economia e/o di pratiche contabili. Nei manuali di Economia Internazionale e di Marketing non manca mai un riferimento alla c.d. “ Teoria del ciclo di vita dei prodotti “ di S. Hirsch e R. Vernon che collega l’evolversi dei rapporti commerciali tra paesi innovatori e paesi imitatori proprio alle differenti fasi di vita di un bene immesso nel commercio mondiale.
Nei manuali di Ragioneria se ne discute quando si affronta il complesso tema dell’ammortamento.
Il termine “obsolescenza programmata” è, invece, di più recente coniazione e viene oggi ripetutamente (ed opportunamente) impiegato quando ci si interroga sul futuro della c.d. Economia circolare, vista non più come un sogno irrealizzabile ma come un obiettivo da perseguire, a livello individuale e collettivo, con il massimo dell’impegno e il massimo della determinazione. Si tratta, in estrema sintesi, “di ridisegnare l’economia, ricominciando daccapo…” (come ha scritto un’esperta della materia, Francesca Venturi).
L’ obsolescenza programmata, per cui non pochi beni vengono prodotti in modo tale da anticiparne e favorirne l’invecchiamento, onde essere “sostituiti” da nuovi, spesso più costosi, beni (e quindi da nuovi acquisti da parte dell’ignaro consumatore), non sta riguardando solo i prodotti ad alta tecnologia (pc portatili, smartphone, tablet, etc.) ma anche beni di uso comune nelle famiglie: lavatrici, frigoriferi, cartucce per stampanti, etc.
L’Antitrust stima un danno per i consumatori che, a livello europeo, si aggira annualmente intorno all’iperbolica cifra di 100 miliardi di euro!
Purtroppo, ancora oggi, l’obsolescenza programmata non è, in Italia, disciplinata da alcuna legge dello Stato. Solo: sanzioni dell’Antitrust, dichiarazioni di esponenti politici, articoli sulla stampa, servizi televisivi. Ed il consumatore, più o meno ignaro, continua ad acquistare una lavatrice o un frigorifero che non dureranno più una ventina d’anni, ma sono “programmati” per morire di morte naturale al compimento del quinto o sesto anno di vita.
Questa forma di invecchiamento precoce, attentamente studiata “a tavolino” e nei laboratori di ricerca, non è dunque una delle tante strategie commerciali e di business gestite dalle aziende produttrici ma, di fatto, risulta solo un’astuta manovra spilla-denaro a danno del cittadino-consumatore.
Ecco pertanto che l’azione delle Associazioni dei consumatori diventa fondamentale. Attraverso quali forme?
Ad esempio, sollecitando – come già si è fatto – la Commissione Industria del Senato ad approvare in tempi rapidi il testo del DDL sull’obsolescenza programmata, il cui impianto ha ricevuto – come noto – il contributo non certo marginale delle Associazioni stesse.
Ad esempio, sollecitando la Commissione Europea a definire standard minimi della durata dei prodotti, da indicare in etichetta e, parallelamente, di allungamento della “garanzia di legge”, particolarmente per quei beni, quali gli elettrodomestici, di uso comune nelle famiglie.
Ancora, sollecitando i media ad intensificare l’impegno per una campagna di informazione che, fin da ora, inviti i consumatori tutti, senza remore, a segnalare e denunciare alle Associazioni che li rappresentano quei prodotti, ad alta, modesta o anche bassa tecnologia, che mostrano un sospetto “invecchiamento” precoce. Fare del cittadino-consumatore una sorta di whistleblower, segnalatore, dell’obsolescenza sospetta.
Se vuoi cambiare il mondo – si legge su un murales a Genova – non servono opinioni ma azioni. L’ADUSBEF Liguria è al servizio dei cittadini che si ritengono parte in causa in questa “truffa mascherata” da denunciare e da combattere… ma non sanno quale strada percorrere.